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Auto elettriche, 400 cv (e oltre) servono davvero?

La Volvo XC40 Recharge (408 cv) si aggiunge alla lista di elettriche dalla potenza "monstre". Che tuttavia lascia qualche dubbio

Volvo ha aperto gli ordini della XC40 Recharge, la variante elettrica del SUV compatto. Il listino parte da 59.600 euro e le consegne, in Italia, sono previste entro il 2021. Il cammino della Casa svedese verso l’elettrificazione della propria gamma procede dunque deciso. L’obiettivo è quello di arrivare al 50% di auto elettriche e al 50% di ibride sul totale del venduto entro il 2025. L’impegno in direzione della sostenibilità è dunque evidente.

408 CV NON SONO IL MASSIMO DELLA SOSTENIBILITÀ

Eppure, leggendo la scheda tecnica della XC40 (408 cv di potenza, 660 Nm di coppia e batterie di 78 kWh di capacità), qualcosa non torna. Che cosa? I suoi numeri, decisamente “importanti”. Per questi motivi (che nei paragrafi successivi affrontiamo nel dettaglio): anche se in modo meno “visibile”, anche per un’elettrica maggiore potenza significa minore sostenibilità. Significa anche maggiori probabilità di comportamenti poco virtuosi al volante. Vale la pena ricordare, a tal proposito, che Volvo non ha aderito alla “gara” dell’escalation di potenza – con i motori endotermici – in cui concorrono i marchi tedeschi premium e che si è presa l’impegno di limitare la velocità delle sue auto a 180 km/h già da quest’anno. Infine, una potenza più elevata implica batterie più capaci e, di conseguenza, prezzi più salati. Non è questo il modo migliore per portare l’elettrificazione al maggior numero possibile di persone. Un discorso valido non solo per Volvo, ovviamente.

QUELLA TENTAZIONE CHIAMATA MARKETING

Sia chiaro: così fan tutti, o quasi. Ha cominciato quel genio del marketing di Elon Musk con Tesla, seguito a ruota da Audi con l’e-tron, Mercedes con la EQC e Porsche con la Taycan (che però, in quanto Porsche, non poteva che puntare sulle prestazioni), solo per citare tre esempi. Auto di nicchia, per pochi, se non pochissimi, e che non contribuiranno davvero all’elettrificazione della mobilità. E che sono posizionate volutamente in alto nelle prestazioni, nei costi (e nel peso).  Sostenibilità ed elettrificazione di massa le potranno portare, anche se nessuno sa dire quando, modelli come la Nissan Leaf, la Renault ZOE, oppure le Peugeot e-208 ed e-2008 e la Volkswagen ID.3: auto che offrono prestazioni coerenti con i limiti di velocità e con la sostenibilità ambientale, e comunque non sottotono.

OK L’AUTONOMIA, MENO LE PRESTAZIONI DA SUPERCAR

Certo, la Volvo XC40 si posiziona al di sopra delle ultime auto citate, ma dai 200 cv del top di gamma della ID.3 ai 408 della svedese la differenza è davvero grandissima. Senza contare che, per scelta di Volvo, la XC40 è tutto tranne che sportiva: nel design così come nella messa a punto di assetto e sterzo. Insomma: a Volvo si sarebbe “perdonato” (detto che Volvo non ha bisogno del perdono di nessuno) un pacco batterie di grande capacità per non spaventare i potenziali clienti con l’ansia da autonomia. Più difficile comprendere i motivi che l’hanno portata alla ricerca di tali prestazioni. 

EMISSIONI ZERO, MA SOLO SUL POSTO

Un’auto elettrica, in quanto tale, non produce emissioni inquinanti nel luogo in cui viene utilizzata. Non importa che abbia 50 o 1.000 cv, che pesi 900 kg o 2.500 kg. Quando si muove, comunque, non genera un grammo di CO2, né di qualsiasi altro inquinante (al di là di quelli generati dall’usura di freni e pneumatici). Stabilito questo, muovere un’automobile, come qualsiasi altro oggetto, comporta un costo energetico. Quanto più la macchina è pesante (e le batterie incidono tantissimo, sulla bilancia), quanta più energia serve per muoverla. E tanto più si mettono a disposizione cv e Nm di coppia, tanto più, almeno ogni tanto, chi li ha a disposizione sarà portato a usarli. La domanda dunque è questa: se si vuole perseguire la sostenibilità, perché adottare pacchi batterie di grandi dimensioni e offrire potenze da supercar? Anche se green, l’energia non si dovrebbe sprecare.

AL CRESCERE DELLA POTENZA DEVE CRESCERE IL PACCO BATTERIE

Inoltre, più la potenza massima del motore (o dei motori, visto che sulle elettriche sono spesso più di uno) è elevata, più il pacco batterie deve assicurare una capacità superiore. Diversamente, ogni richiesta di massima prestazione prosciugherebbe gli accumulatori nel giro di pochissimi minuti. Immaginate un’elettrica da 450 kW di potenza massima con un pacco batterie da 40 kWh: la sua autonomia sarebbe ridicola, se solo di affondasse l’acceleratore due o tre volte. Si spiega cosi – oltre che con il desiderio di offrire un’autonomia superiore ai 400 km, a patto ovviamente di guidare in modo molto attento –  il fatto che le elettriche top di gamma abbiano accumulatori compresi fra i 90 e 100 kWh.

BATTERIE PIÙ GRANDI, EMISSIONI SUPERIORI

Ipotizzando che sussistano le condizioni ideali, e cioè che la ricarica venga effettuata solo ed esclusivamente sfruttando energia derivante da fonti rinnovabili (lungo tutto l’arco di vita utile dell’auto), un punto resta fisso. E cioè che un pacco batterie richiede un processo produttivo, il quale a sua volta consuma risorse. È piuttosto intuitivo il fatto che se produco un pacco batterie da 40 kWh consumo una certa quantità di risorse, se ne produco uno da 100 kWh (più grande e pesante) ne impiego un ammontare superiore. Mazda, per esempio, ha calcolato che un’auto elettrica con batteria da 95 kWh comporta emissioni di CO2, nell’intero ciclo di vita, superiori a quelle di una con motore diesel.

 

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