Le auto a rischio estinzioneLa Fiat che smette di produrre la Punto (che però adesso potrebbe tornare su base Peugeot 208 e Opel Corsa, dopo la fusione con PSA) e la Panda. La Renault che valuta in che modo continuare a investire nelle MPV, dopo aver già fatto scelte coraggiose. E tanti altri casi clamorosi. Sarebbe, in un certo senso, come se la Barilla smettesse di fare la pasta o se Casio ritirasse dal mercato il G-Shock. Assurdo. Impensabile. Eppure, è proprio quello che sta accadendo nel mondo dell’auto, sempre più stretto fra normative anti inquinamento e di sicurezza di crescente severità, da una pressione competitiva in aumento costante e, soprattutto, alle prese con la rivoluzione dell’elettrico e della guida autonoma (per ora, assistita).
Ogni auto venduta deve generare profitto
Insomma, cercare la massima efficienza in ogni rivolo di spesa, in ogni piega del bilancio non è più solo un modo per alzare i margini di guadagno, ma strategia vitale per rimanere sul mercato. Ecco perché tutti sono alla ricerca di partner su scala globale, ecco perché alcune certezze stanno pian piano crollando. Ed ecco infine perché le sterminate gamme a cui siamo abituati sono destinate a ridursi. Anche condividendo piattaforma, motori e cambi con il resto della produzione, infatti, lo sviluppo e l’industrializzazione di un modello richiede comunque ingenti investimenti, che se non sono sufficientemente remunerativi non vengono più sostenuti. E’ il caso, già trattato, delle citycar, ma lo stesso discorso vale per le monovolume e le coupé… Ecco l’analisi, caso per caso.